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Che impressione dà Shakespeare dei plebei nell'Atto III?

Shakespeare presenta i plebei nell'Atto III di Giulio Cesare come un gruppo volubile, facilmente manipolabile e politicamente ingenuo. Marco Antonio, con il suo discorso abile ed emotivamente carico, riesce a influenzare le loro opinioni e trasformare la rabbia iniziale verso i cospiratori in simpatia per Cesare e ostilità verso Bruto e Cassio.

Durante l'Atto III, i plebei sono descritti come influenzati dalle emozioni e facilmente influenzati dai leader carismatici. Mancano di capacità di pensiero critico e non mettono in discussione le motivazioni o gli argomenti di coloro che si rivolgono a loro. Bruto, che in precedenza si era rivolto alla folla con un discorso razionale e logico, non riesce a connettersi con loro a livello emotivo e alla fine perde il loro sostegno.

I plebei sono anche raffigurati come dotati di memoria a breve termine e facilmente influenzabili dalle apparenze. Dimenticano rapidamente le malefatte di Cesare, come la sua ambizione e le sue tendenze dittatoriali, e si concentrano esclusivamente sulla sua generosità e popolarità. L'abile uso del mantello di Cesare da parte di Antonio e l'esibizione delle sue ferite fanno appello alle loro emozioni e prevalgono su qualsiasi giudizio razionale che possano aver avuto.

Nel complesso, la rappresentazione della plebe da parte di Shakespeare nell'Atto III evidenzia le vulnerabilità e i limiti della gente comune in un contesto politico. Li presenta come suscettibili alla manipolazione, ai richiami emotivi e privi delle capacità di pensiero critico necessarie per prendere decisioni informate. Questa rappresentazione serve a sottolineare l’importanza della leadership, del carisma e della capacità di influenzare l’opinione pubblica nel plasmare il corso degli eventi politici.

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